My
Sun (Cina | China, 2001) 7 min.
Wang GongXin (Pechino,
1960) completa a Pechino un’educazione accademica che segue
le direttive del Realismo Socialista. La sua vita e la sua concezione
artistica subiscono una svolta radicale quando, nel 1986, vince
una borsa di studio per frequentare corsi di arte a New York. Tornato
a Pechino nel 1994, inizia ad occuparsi di videoarte.
Wang GongXin’s (Beijing, 1960) art academy
training in Beijing followed the path of Russian Social Realism,
which focused on academic painting. In 1986 his life takes a turn
when he receives a scholarship to study art in New York. In 1994
he returns to China, and starts working with video.
“My Sun” viene esposta per la
prima volta nel 2002 al Multi Media Art Asia Pacific (Brisbane,
Australia), dove ha un impatto enorme sul pubblico, costituendo
il primo riconoscimento ufficiale della videoarte cinese. L’installazione
rappresenta un panorama di 12 per 3 metri (tre proiezioni affiancate),
all’interno del quale si sviluppa la storia di un’umile
contadina cinese. La donna, che lavora nei campi, si ritrova all’improvviso
in un mondo fantastico: viene clonata infinite volte (l’esercito
di donne tutte uguali richiama l’iconografia socialista e
allo stesso tempo affronta il tema del rapporto tra massa e individuo),
trova una misteriosa fonte luminosa (il sole, Mao nella mitologia
rivoluzionaria), che fa presagire la scoperta di sublimi tesori.
Temi universali affrontati con un humour nero sono ricorrenti nel
lavoro di Wang, che produce opere per un pubblico ampio, formalmente
semplici (pochi minuti di registrazione, un editing minimo e sequenze
che funzionano in loop) e con un contenuto metaforico ed esistenziale
che può essere apprezzato in ogni cultura.
At the opening
program of Multi Media Art Asia Pacific in 2002 (Brisbane, Australia)
Wang GongXin’s major video installation ‘My Sun’
had a great impact. This was an important moment in the short history
of Chinese video art. Only then the officials gave (a long overdue)
recognition to the new screen culture that had come into its own
in China. As a three-projection installation it formed a wide panorama
of 12 by 3 meters. It tells the story of an old peasant woman working
on the fields. She is transported into a fantasy situation where
she is multiplied and together the clones are in contact with a
mysterious source of light. The drama has an atmosphere that anticipates
sublime treasures; questions of the equation between the individual
and the masses get unveiled. Wang Gongxin feels that his works can
take these international boundaries as it is not culture-specific
but addresses universal issues through the combination of angst
and black humour. Audience engagement in this polyglot culture has
acquired a hybridism. He intuitively partakes of this culture, hence
is able to use the genre to his own ends. | www.wwvf.nl
(archive 2004)
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